i racconti finalisti

Eliana ArpaiaLa stanza chiusa

- Chest'è a vita, ricett' o giravite!

Elisa sospira, ripete quella frase per farsi forza mentre attraversa il corridoio, le dita che sfiorano le pareti ruvide e s'interrompono quando incontrano il freddo curvo di una maniglia. Chiude gli occhi, ritrae la mano; la sera sta scendendo, dell'ultimo barlume di luce non resta che un riflesso violaceo. O almeno, lei crede sia viola; a Elisa piace inventarsi i colori, immaginarsi le sfumature delle cose. Perché Elisa, in realtà, non ci vede; è cieca da più di dieci anni.

Davide BenedettoLa voce del mondo

Se potesse griderebbe di gioia, lascerebbe svuotare i polmoni nel vento dispettoso che arriccia la nebbia del mattino. Se potesse correrebbe su quel prato verde smeraldo, spettinato dalla brezza, che lo aspetta come sempre di là dallo sperone di roccia nera.

Rosella Bottallo
Blessing in cammino 

I miei genitori sono degli sfigati: stanno in Italia da 15 anni e guardano la tivù nigeriana, fanno spesa nei negozi nigeriani e a casa nostra si mangia come in Nigeria. Mia sorella Joy fa la parrucchiera, a casa sta tappata negli auricolari e non parla con nessuno. I miei fratelli Samuel e Christian passano il pomeriggio inchiodati sul divano a guardare i cartoons sui canali nigeriani. 

Arturo Caissut
Il mondo prima

Il crepitio delle foglie morte sotto gli scarponi, una goccia di sudore lungo la spina dorsale, il dolore al ginocchio destro. Clara cercava di concentrarsi sui dettagli banali per allontanare dalla mente l'unico davvero importante, il pensiero che come una vipera si insinuava tra le pieghe della memoria: Luca era morto su quella montagna. Lì, all'ombra dei carpini e delle betulle, si era formata la spaccatura tra il Mondo Prima e il Mondo Adesso, un crepaccio profondo e impossibile da aggirare. 

Michela Calvo
Il ponte del Diavolo 

La storia del ponte la conoscevano tutti, da Bagni a Borgo a Mozzano e anche più in giù, fino alla Pieve. Chi non aveva avuto una nonna che la contasse nelle sere buie degli inverni Appenninici l'aveva sentita sotto il cipresso del cimitero, dove si giocava alle bilie e alla lippa e a provare a far alzare la gonna alle bambine.

Silva Ganzitti
Géfyra

La nera. Così mi chiama mio suocero. Lo sorprendo a scrutarmi da sotto le ciglia, incapace di dirmi anche una sola parola. È vero, non parlo italiano, o meglio non lo parlo ancora bene, ma lo capisco. Andrea mi ha portata in Italia quando abbiamo scoperto di aspettare un bambino. «Torneremo qui quando sarà nato, festeggeremo il suo primo compleanno danzando sulla sabbia, te lo prometto.»

Maria Chiara Moretti
La vera storia di Vattelapesca

Il paese di Vattelapesca è attraversato da un fiume, che lo divide in due come le metà esatte di una stessa mela. Da una parte il Borgo di sopra, che prende ombra dal Monte Alto e legna dai boschi; dall'altra il Borgo di sotto, accarezzato da un'aria tiepida già in odor di pianura. A legarli insieme c'è il vecchio ponte, una gobba di pietra incrostata di muschio costruita - da chissà chi - ai tempi che Berta filava. E meno male che l'hanno costruito! 

Piero Purich
Stari 


Ero un bravo momak, un giovanotto, abile a contrattare: sul ponte, quando vedevo un turista che si attardava più di qualche minuto sul parapetto e mostrava attenzione o curiosità per quei due ragazzi in slip, mi avvicinavo e in tedesco, inglese, italiano o, molto più raramente, in serbocroato spiegavo che il tuffatore si sarebbe lanciato solo quando fosse stata raggiunta una cifra proporzionale al rischio. Se qualcuno offriva monete o dinari lo guardavo quasi con disprezzo, i tuffi andavano pagati in valuta!